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L’efficacia e l’utilità delle riforme del Governo Renzi
di Saverio Collura
Il nostro ministro dell'Economia si trova in questi giorni a dover fronteggiare le obiezioni che alcuni paesi dell'euro hanno avanzano nei confronti dell'efficacia delle riforme varate dal governo, ed attualmente all'attenzione del Parlamento. Nella sua intervista di ieri Prof. Padoan esprime un apprezzabile indicazione politica quando afferma, a proposito del dibattito tra i ministri finanziari della U.E , "Altro è il fatto che l'Italia abbia dei problemi seri: bassa crescita, alto debito, necessità di riforme". Anche in questo caso non possiamo che constatare favorevolmente l'assonanza tra queste affermazioni del ministro e l'analisi condotta già nel 2010 dal Pri sui temi della competitività del sistema Italia.
Quello che auspichiamo è che non solo l'analisi sia quella giusta, ma che anche la terapia sia quella efficace ed adeguata alla gravità della crisi del nostro Paese. Da questo punto di vista, ci sembra di dover riscontrare una certa difficoltà, per non dire ambiguità, da parte di tutto il governo ad imboccare con coerenza, coraggio e determinazione la giusta strada decisionale; non ultima la disquisizione sulla quale si dilunga il ministro Padoan quando parla delle difficoltà che incontra nel fare accettare l'efficacia delle riforme in itinere legislativo da parte dei nostri partner europei. Purtroppo anche a noi il suo dire ci sembra più una riflessione da filosofo, che da economista (ma soprattutto da responsabile della politica economica), quando si addentra più sugli aspetti della definizione del criterio per la “misurazione” degli effetti di una riforma; noi pensiamo che non sia prioritaria una questione di semantica, quanto piuttosto di concretezza, e di risultati.
Ai fini dell'obiettivo da conseguire, in termini di flessibilità consentita o meno nella politica del bilancio italiano, ha più possibilità di fare breccia l'indicazione di volontà di dar vita a vere riforme di struttura, piuttosto che pensare di attardarsi su questioni (quelle prime indicate), che scarsa audience riscontrano in sede europea.
Anche noi crediamo, infatti, che ci voglia una forte dose di buona volontà e di ottimismo per ritenere che la riforma del Senato,e/o la riforma del sistema elettorale (l'italicum) possono essere forieri di chissà quali prospettive di aumento del Pil italiano. Anche ammesso che la differenziazione di funzioni dei due attuali rami del Parlamento possa consentire un'accelerazione del processo legislativo, come pensa il governo di risolvere la vera questione dell'inerzia nel dispiegamento degli affetti di una legge, o di qualsivoglia provvedimento governativo, che oggi è la vera causa della mancata efficacia di diversi provvedimenti varati addirittura dai governi Berlusconi, Monti e Letta. Il Prof. Ainis ha fornito una sconfortante e crudele analisi di questo problema. Per non parlare poi dell'italicum, il cui unico effetto atteso non può che essere quello di voler perpetrare il potere dell'attuale assetto politico; quindi la sola conservazione di uno stato di fatto, che invece è causa non secondaria dei mali dell'Italia. L’auspicato aumento del PIL italiano che attinenza ha con tutto ciò?
Ci permettiamo allora di segnalare al ministro Padoan che i problematici rapporti del nostro governo in sede U.E. non sono conseguenza della difficoltà a concordare una comune terminologia su come si misura la flessibilità, bensì sul fatto che le misere riforme messe in cantiere non offrono alcuna prospettiva, agli occhi dei paesi europei più critici nell'ambito dell'euro zona, di poter incidere concretamente ed efficacemente sui nostri punti critici, e quindi sulla crescita del nostro PIL; essi Paesi, infatti, chiedono ben altro che la riforma del Senato e della legge elettorale.
Questo è il nodo che il governo, anche quando conduce una giusta analisi, non riesce poi a sciogliere.
Dobbiamo capire una volta per tutte che la Germania, stante i consistente livello di interscambio commerciale , avrebbe altrettanto interesse del nostro a che l'Italia potesse crescere ad un ritmo più sostenuto, rispetto agli attuali miseri valori. Ci sono infatti alcune valutazioni in merito che indicano che se l'Italia crescesse di almeno il 2% all'anno, il PIL della Germania potrebbe migliorare sino ad un ulteriore +0,2 - 0,3% rispetto ai suoi valori attuali. Tutto ciò, ci dovrebbe spingere a meglio comprendere le più o meno (dirette e/o indirette)riserve e preoccupazioni espresso dal governo tedesco circa la nostra richiesta di maggiore flessibilità.
Allora suggeriamo al ministro Padoan ed al premier Renzi di abbandonare la strada sterile della semantica e di intraprendere quella proficua delle vere riforme di struttura.
Una ulteriore considerazione. Il Ministro dell'Economia ritiene che sia possibile privatizzare ulteriori quote del capitale azionario di Eni e di Enel; suggeriamo all' Prof. Padoan di verificare se ciò sia veramente utile ed opportuno per il conto economico dell'Italia. Infatti stante gli attuali livelli dei tassi passivi con i quali il governo finanzia il debito pubblico in scadenza, ed in parallelo riscontrando le performance dei dividendi erogati dalle due aziende, sarebbe utile che il governo, al limite, acquistasse (detto ciò ovviamente per assurdo) , indebitandosi, quote azionarie di quelle aziende, perché così migliorerebbe addirittura il deficit di gestione. Se ciò è valido, è ovvio che l'efficacia che verrebbe attribuita, da parte dei soggetti più addentro agli aspetti finanziari complessivi, alla indicazione di voler cedere quote di azioni avrebbe una scarsa o forse nulla efficacia nelle valutazioni del nostro Paese.
Roma, 7 luglio 2014 |
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